E’ la conoscenza TOTALE e non solo ONCOLOGICO-SPECIALISTICA della malattia e del suo vissuto terapeutico da parte del paziente quella che accredita pienamente l’Oncologo ad attingere e disporre di tutte le risorse vitali del paziente nella LOTTA PER LA VITA.
Non si può del resto negare che le nostre tradizionali scelte terapeutiche convenzionali sono ampiamente condizionate da una cultura farmacologica ispirataci dal marketing delle specialità farmaceutiche :
CULTURA PREZIOSA ED IMPRESCINDIBILE PER NOI, cui però non possiamo attribuire il diritto alla esclusività.
Esistono infatti principi attivi, farmaci orfani, terapie RECESSIVE non sostenute da una industria DOMINANTE con cui il paziente fa dei conti di FARMACOECONOMIA e con cui il MEDICO deve fare conti di pura cultura medica.
Oggi molti medici di famiglia si acculturano in conoscenze di medicine non convenzionali, in parte come forma di incentivo professionale ed economico, in parte come pura passione scientifica, in parte come istanza conoscitiva richiesta dagli stessi pazienti.
In qualità di Amministratori di prodotti curativi e dispensatori di salute gli Oncologi sapranno esprimere la massima sensibilità nel recepire le medesime esigenze dei pazienti, elaborandole, non come forma di tradimento e di defezione sfiduciante, dalle chemioterapie principali ma come estrema risorsa naturale cui il paziente si aggrappa in forza del suo stesso, per quanto illusorio, istinto di sopravvivenza.
Ma perché la gente crede che il “NATURALE!” POSSA CURARE una malattia così INNATURALE O CONTRONATURALE come il cancro, per il quale la scienza cerca di individuare ed in parte ha già individuato dei meccanismi genetico-biochimici, steps squisitamente ed assolutamente induttori di malattia e di morte? (E su questi steps biochimici e genetici la Scienza Medica cerca di costruire prodotti mirati ,esclusivi ed efficaci).
Probabilmente perché la res biologica, il corpo umano, la malattia è una intrigante sequenza di fenomeni organici ed extraorganici, fisici ed energetici, per cui la soluzione terapeutica a questi eventi letali viene intuita dal paziente come un fenomeno complesso che chiama in causa tutte le risorse del suo essere, in primo luogo quelle integrate naturali, perché appartengono ad un mondo da cui egli viene strappato ,ma di cui si sente, specialmente in questa drammatica fase avulsiva, di essere parte.
Un’altra ragione è che una certa cultura divulgativa ispirata alle conoscenze di fisiopatologia oncologica rapporta la malattia cancro al tradimento di stili di vita naturali da parte dell’uomo industriale, alla polluzione, all’abolizione dei ritmi, all’antiecologia, ai carcinogeni.
In questa fase cruciale della vita, l’uomo-cancro rimette catarticamente in discussione tutti gli errori e rivalorizza l’apporto delle risorse naturali, riscopre le difese immunitarie e le difese in senso lato della sua minata integrità psicofisica, ed è qui che si annida il rischio di una pseudocultura posticcia fatta di slogans, di promesse fatue, di caduche illusioni: l’uomo mangia la mela dall’albero, ma ahimè quella mela non gli conferisce la immortalità, ma un modesto e ben bilanciato apporto di fibre e di vitamine…
E’ comprensibile come gli oncologi rappresentino l’ultimo scettico baluardo a questa prospettiva di infatuazione di terapie naturali proprio per il pessimismo realistico che impronta parte della loro esperienza farmacologica. D’altronde non ci si attendono da queste terapie non convenzionali sortite miracolistiche e neppure nulla che sopravanzi il faticoso cammino della scienza esatta. All’oncologo è indifferente l’uso di qualsiasi cosa perché forse il fatalismo e lo scetticismo di talune esperienza cliniche tende a prevalere sulla speranza di un impatto efficace, ma è comunque un suo dovere professionale offrire uno spazio di dialogo medico-paziente che egli deve tenere aperto per arricchire di umanità la sua proposta di cura.
E’ certo riduttivo e frustrante parlare di umanità in medicina quando si vorrebbe parlare di efficacia di una cura, di effetto carismatico-scientifico di guarigione.
Ma la conquista del Risultato in oncologia non è ancora pervenuta, se non in alcuni tipi di tumore e limitate coorti di casi clinici, al traguardo finale, la sconfitta definitiva del cancro.
Ed il paziente chiede, propone, agisce sulla base della sua percezione istintiva, e accetta meglio il confronto con il medico sul terreno del suo dramma esistenziale purchè nell’arsenale terapeutico figurino anche prodotti di conforto, di supporto, da assimilare come naturali e confacenti a se stesso e non come strali avvelenati all’indirizzo delle cellule tumorali.
Il malato di cancro non vuole essere solo bersaglio, vuole esser protagonista vincente o perdente delle pagine, pur le Ultime Pagine della sua Vita. E il medico che gli sarà vicino pietoso e sapiente, accoglierà le sue istanze di cura, con il sollievo e la umanità che la Medicina (Scienza e Natura),sapranno ispirargli.



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