La soia, il tumore del seno e della prostata e la…menopausa.

 

 



Ottobre 2012

 

 

 

In breve :

  • La diversa incidenza di tumori a base ormonale (seno, prostata) tra Oriente e Occidente potrebbe derivare dal consumo di prodotti a base di soia, soprattutto se questo consumo inizia in età prepuberale.

  • Le sostanze antitumorali presenti nella soia, gli isoflavoni, possiedono una struttura simile a quella degli ormoni sessuali e possono dunque interferire con lo sviluppo dei tumori su base ormonale.

  • La chiave per sfruttare gli effetti antitumorali della soia consiste nel consumare gli alimenti integrali , ovvero ad esempio fagioli al naturale o tostati, in quantità pari a 50 gr. al giorno. Gli integratori a base di isoflavoni non costituiscono una alternativa efficace agli alimenti originali e sono da evitare per diverse ragioni.

   coltivazioni di soia 

 Anche se gli alimenti a base di soia  sono una costante dell’alimentazione quotidiana di giapponesi, cinesi e indonesiani, bisogna ammettere che resta ancora poco considerata in Occidente, dove solo una minoranza della popolazione l’ha integrata nel proprio regime alimentare.

In particolare, il consumo quotidiano medio di soia, è approssimativamente di 60 g a persona in Giappone e di 50 in Cina, mentre in Occidente non supera 1 g e dove le leguminose come la soia sono piuttosto nascoste nella piramide alimentare sotto il nome di sostituti della carne, una classificazione non corretta, tenuto conto della loro ricchezza in proteine, acidi grassi essenziali, vitamine e Sali minerali e fibre alimentari.

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Le principali forme alimentari della soia

I fagioli al naturale   (edamame)

Costituiscono lo stucchino per eccellenza in Giappone. I baccelli di soia vengono raccolti precocemente , vengono scottati e si mangiano direttamente dal baccello. In Occidente si possono trovare congelati.

       

Il miso

       

E’ una pasta fermentata composta da fagioli di soia, sale e  un agente fermentante che proviene dal riso. Sto il miso utilizzato sotto forma di zuppa  storicamente aveva lo scopo di compensare la mancanza di proteine  imposta dal divieto buddista di  consumare carne e ancora oggi la zuppa di miso costituisce la base dell’alimentazione tradizionale giapponese.

 La salsa di soia

    

La salsa di soia  costituisce il condimento principale  nella cucina giapponese ed è l’alimento più famoso a base di soia conosciuto in Occidente .

Sulla salsa di soia io però avanzo delle perplessità per via del colorante

L'autorevole rivista scientifica Lancet Oncology pubblica uno studio dello Iarc: nella lista delle sostanze potenzialmente cancerogene, una sostanza contenuta in alcuni coloranti presenti in molte bevande e alimenti

SI TROVA in molte bibite, dalle cole al chinotto, ma anche nelle caramelle, in alcuni aceti balsamici e nella salsa di soia. Insomma in moltissimi alimenti che hanno bisogno di un'iniezione di colore marrone scuro. Stiamo parlando del colorante caramello solfito-ammoniacale, in codice E150 d, che secondo uno studio appena uscito sul numero di aprile del Lancet Oncology 1, è un possibile cancerogeno. Sotto accusa è un sottoprodotto del caramello in questione, il 4-MEI (4metilimidazolo), residuo non voluto del processo di produzione dei caramelli a base di ammoniaca. La ricerca è stata condotta dallo Iarc 2, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Oms, che ha classificato il 4-MEI tra le 249 sostanze potenzialmente cancerogene per l'uomo, cioè nel cosiddetto gruppo 2B.

"La popolazione è esposta al 4-methylimidazole attraverso la sua presenza nei caramelli di classe III e IV  - si legge nell'articolo del Lancet - che sono coloranti ampiamente utilizzati, in particolare nelle bibite. Il  4-methylimidazole  è stato testato riguardo alla carcinogenicità in topi e ratti  e ha causato l'aumento dell'incidenza dei carcinomi degli alveoli e dei bronchi nei topi maschi e femmina, e della leucemia nei topi femmina. Il meccanismo di carcinogenesi non è stato ancora chiarito", spiega lo Iarc sulla rivista.

Come racconta anche il settimanale dei consumatori il Salvagente, la prima ricerca che ha evidenziato la pericolosità del 4-MEI risale al 2007 e fu condotta dal National toxicology program 3(Ntp) degli Stati Uniti, autorevole agenzia di ricerca governativa. In seguito ai dati emersi dallo studio, lo stato della California inserì la sostanza, presente nei caramelli a base di ammoniaca, in una lista nera ufficiale, nota come Proposition 65, elaborata dall'agenzia della salute Oehha 4. Recentemente il Cspi 5 (Center for science in the public interest) ha chiesto in una petizione all'Fda 6 (Food and drug administration) di bandire i coloranti sintetici a base di ammonica, l'E 150 d per l'appunto, ma anche l'E150 c (classe III), sempre a base di ammoniaca e presente anch'esso in molti cibi e bevande. L'industria alimentare, inoltre, fa uso di altri due coloranti, il caramello semplice E150 a (classe I) e quello solfito-caustico E150 b (classe II).

Mentre si aspetta la decisione del ministero della Salute Usa, che cosa succede in Europa? L'Efsa 7, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha diffuso l'8 marzo una valutazione scientifica proprio sui caramelli, stabilendo per la prima volta una dose giornaliera accettabile (Dga) di gruppo (applicabile cioè a tutti e quattro i tipi di coloranti utilizzati dall'industria alimentare), pari a 0,3 g per Kg di peso corporeo al giorno. "L'Efsa non ha stabilito un limite specifico per l'E150 d", spiega Catherine Leclercq, responsabile del programma di sorveglianza del rischio alimentare dell'Inran 8 (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti) e tra i partecipanti alla valutazione dello Iarc.

"Da indagini svolte sui prodotti in commercio utilizzate dall’Efsa- continua Leclercq- emerge che tutta una serie di prodotti largamente consumati dai bambini, come bibite gassate, gelati, prodotti da forno, dessert, possono contenere 5 g di questo colorante per kg di prodotto. Nelle caramelle si raggiungono concentrazioni di 300 g per kg di prodotto". Ci vuol poco, dunque, a superare la dose giornaliera ammissibile e questo vale a maggior ragione per i più piccoli che hanno un peso corporeo inferiore: "Così un bambino di 3 anni che pesa 15 kg non dovrebbe ingerire più di 4.5 g di colorante caramello al giorno - continua la dottoressa Leclercq -. Per il caramello E150d  questa dose si raggiunge ad esempio con il consumo quotidiano di una lattina di bibita (1.5 g di caramello in 330 ml) e 10 g di caramelle (3 g di caramello). E' chiaro che un eventuale rischio per la salute è legato a un uso regolare e non saltuario di alimenti che contengono queste sostanze".

Gli scienziati dell'Efsa nel loro parere, che è precedente alla pubblicazione dello studio Iarc sul Lancet e non prende in considerazione il rischio di cancerogenicità legato al 4-MEI, fissano solo per uno dei caramelli, l'E 150 c, un limite più restrittivo, pari a 100 mg /kg/pc/ giorno: "Siamo intervenuti su questo additivo considerando alcuni dubbi sui possibili effetti provocati sul sistema immunitario da uno dei suoi costituenti: il 2-acetil4-tetraidrossibutilimmidazolo (THI) - spiega John Christian Larsen, presidente del gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari (Ans) - questo significa che dei 300 mg/kg di peso corporeo ammissibili ogni giorno per i quattro coloranti caramello, solo 100 mg possono essere costituiti dall'E150 c".

Riguardo al 4-MEI incriminato dallo Iarc, l'Efsa da una parte sdrammatizza sui rischi, dall'altra chiede all'industria di ridurlo al minimo tecnologicamente possibile, considerando che "Adulti e bambini - si legge nella nota dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare- che fanno ampio consumo di alimenti contenenti questi coloranti possono superare le dosi giornaliere accettabili stabilite per tre dei coloranti in questione (E150 a, E150 c, E150 d), nel caso in cui tali coloranti vengano utilizzati ai massimi livelli riferiti dall'industria". 

Di fatto, però, stabilire limiti di legge e  mettere al bando le sostanze potenzialmente pericolose per la salute è compito della Commissione europea e non dell'Efsa. "E' successo in passato - spiega ancora Leclercq - a proposito del Bisfenolo-A contenuto nella plastica dei biberon che, nonostante l'Efsa avesse pronunciato un parere tranquillizzante, la Commissione europea abbia deciso di bandire la sostanza. Per nessuno di questi additivi a base di caramello c'è, ad oggi, un limite massimo di legge. Probabilmente la Commissione interverrà in questa direzione".

In Italia l'industria delle bevande analcoliche non fa uso di E150 c, ma utilizza in maniera più massiccia l'E150 d: "Non mi risulta ci sia un impiego contemporaneo di più caramelli in uno stesso prodotto- ci spiegaDavid Dabiankov, direttore di Assobibe 9, l'associazione dei produttori di bibite analcoliche- e in ogni caso il tipo di colorante impiegato è chiaramente indicato in etichetta. Per questo i consumatori sono adeguatamente informati. In questo momento la sicurezza dei prodotti che contengono colorante caramello è stata confermata. E' ovvio che, se ci saranno evoluzioni nelle normative, le aziende saranno tenute ad adeguarsi"

I fagioli  tostati

Dall’aspetto  e dal sapore simile alle arachidi, sono un piatto interessante, dato il suo alto apporto di proteine  e isoflavoni.

Il tofu

Tofu con verdure in agrodolce

 

La  tecnica di preparazione del tofu prevede la pressurizzazione  dei fagioli di soia precedentemente lasciati in ammollo in acqua , cosa che provoca l’estrazione di un liquido biancastro, il “latte”, dalla cui coagulazione si ottiene il tofu. Il tofu occupa una posizione centrale in tutte le cucine asiatiche.. Anche se il suo sapore è relativamente insipido, può essere arricchito con altri ingredienti, poiché assorbe il profumo degli alimenti  con cui viene preparato.

 Il latte di soia

http://www.youtube.com/watch?v=ZJu1opULRPU

 

 

 

 

 

 

Contrariamente alla credenza popolare , il latte di soia è un fenomeno recente in Asia  e , cosa curiosa, è stato reso popolare da un medico missionario americano che ha creato i primi impianti per la fabbricazione del latte di soia nel 1936 in Cina e nel 1956 in Giappone.

Per molti ha un gusto sgradevole dovuto alla presenza di sostanze odorose prodotte da un enzima nella pressurizzazione dei fagioli. Viene venduto purtroppo spesso sotto forma di bevanda aromatizzata con elevate quantità di zucchero.

Leggete bene l’etichetta prima di acquistarlo : alcune preparazioni sono più una bevanda artificiale che un latte vero e proprio, poiché sono realizzati a partire dalle proteine della soia cui vengono aggiunti vari ingredienti.

 

GLI  ISOFLAVONI  della soia.

Nonostante anche in altri alimenti vegetali, come i ceci, solo il consumo di soia permette di fronte all’organismo quantità apprezzabili di queste sostanze.

La maggior parte  dei prodotti derivati dalla soia contiene elevate  quantità di isoflavoni  eccetto la salsa  di soia (sconsigliata per altre ragioni)  e l’olio di soia (venduto come olio vegetale nei supermercati ) che ne è totalmente privo (sic !).

Contenuto di Isoflavoni mg/100 g
Farina di soia (kinako) 199
Fagioli tostati 128
Fagioli Edaname bolliti 55
Miso 43
Tofu 28
Latte di soia 9
Salsa di soia 3
Hamburger di tofu 3
Ceci 0.1
Olio di soia 0

Occorre precisare che molti ritengono di mangiare prodotti della soia ed invece si tratta d’altro. Andiamo in ordine. In Occidente i prodotti industriali a base di soia vengono chiamati di “seconda generazione”. Si tratta di prodotti industriali (venduti come “di soia”) dove le proteine animali vengono sostituite o bonificate con l’aggiunta di proteine derivate dalla soia . Questi prodotti vengono utilizzati come ingredienti minori in una grande varietà di cibi come hamburger, salsicce, prodotti caseari, pane, pasticceria, biscotti, di soia.
Molti di questi vengono lanciati come ……..di soia.
Quando noi pensiamo di trovarci di fronte a prodotti “orientali” , in realtà si tratta di prodotti tipicamente occidentali e in genere contengono una quantità di isoflavoni molto ridotta (molte donne di mia conoscenza pensano di fare il pieno di fitoestrogeni consumando questi prodotti), poiché vengono fabbricati con concentrati di proteine ricavati dai fagioli tramite procedimenti industriali (estrazione con l’aiuto di solventi derivati dal petrolio, trattamenti ad alte temperature, lavaggio con soluzioni alcoliche). Alla fine del trattamento le proteine di soia ottenute con questi procedimenti hanno ben poco in comune con quelle presenti nei fagioli di soia originali. Di conseguenza se dal punto di vista nutrizionale la soluzione può essere accettabile , l’aggiunta di questi sostituti non aumenta il contenuto di isoflavoni, poiché le proteine utilizzate, prima di essere integrate negli alimenti originali, sono sottoposte a tali trattamenti che le proprietà antitumorali   della soia………..sono scomparse. !

Il contenuto di isoflavoni nei derivati della soia è importante  perché queste molecole possiedono la capacità di influenzare molti eventi associati alla crescita incontrollata delle cellule cancerose. I principali isoflavoni della soia sono la  genesteina  e la daidzeina, molto simili a una classe di ormoni femminili detti estrogeni ; per questa ragione sono spesso chiamate  fitoestrogeni. 

 I fitoestrogeni potrebbero agire anche come antiestrogeni e quindi ridurre  la reazione delle cellule a questi ormoni. La reazione è la seguente : la ginesteina, avendo una struttura simile è in grado di legarsi al recettore degli estrogeni, ma essendo meno efficace rispetto all’ormone  naturale, provoca una risposta inferiore. D’altra parte, avendo una struttura chimica simile, si sostituisce parzialmente all’ormone, diminuendo il legame  di quest’ultimo con il recettore, e quindi, riducendo i suoi effetti biologici.

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17 - beta estradiolo Testosterone

 

 

 

Genisteina e ormoni sessuali

 Questo meccanismo è analogo a quello utilizzato dal tamoxifene, un farmaco utilizzato per il trattamento del cancro al seno che possiede una affinità per il recettore degli estrogeni paria a quella della genisteina. Questo meccanismo insito in questi isoflavoni è fonte di grande speranza per la prevenzione dei tumori a base ormonale.

ISOFLAVONI  e TUMORE DEL SENO E DELLA  PROSTATA

 Il cancro del seno e quello alla prostata sono considerati tumori a “base ormonale”; la loro crescita , cioè dipende, in gran parte dal livello di ormoni sessuali nel sangue. In condizioni normali, la quantità di questi ormoni presenti nell’organismo è  sorvegliata da diversi sistemi di controllo che verificano che il livello non superi una certa soglia, con il risultato di poter stimolare la crescita dei tessuti, una crescita cellulare incontrollata che può generare un cancro. Infatti nel caso del tumore al seno solitamente si osservano nel sangue quantità di estrogeni molto più elevate rispetto ai soggetti sani.  Da qui l’attenzione a che questi livelli non vengano superati ad esempio con la somministrazione di  estrogeni (vedi terapie estroprogestiniche  e terapie ormonali sostitutive).

 I fattori responsabili di questi alti livelli, ad eccezione delle terapie ormonali introdotte dall’esterno, sono sconosciuti, ma potrebbero essere influenzati da fattori   alimentari.

Per esempio l’apporto eccessivo di grassi animali  e il sovraccarico organico che ne deriva, rappresentano un fattore di rischio estremamente importante per lo sviluppo di alcuni tipi di tumore a base ormonale, come quello dell’endometrio e del seno.  Le donne obese hanno nel sangue grandi quantità di insulina e questa, attraverso meccanismi molto complessi, modifica il livello di estrogeni e progesterone,  aumentando in modo considerevole una stimolazione delle cellule dell’endometrio e del seno e a una crescita eccessiva di questi tessuti.

Nel caso del tumore della  prostata , è ormai riconosciuto  il suo ruolo chiave giocato dagli androgeni  nel suo sviluppo. L’ingrossamento della prostata sembra un fenomeno inevitabile, e circa il 30 % degli uomini sopra i 50 anni ha il cancro alla prostata in forma latente.  Esistono  molti alimenti e fattori che sembrano favorire  la progressione del cancro alla prostata, tra cui i grassi di origine alimentare e l’obesità, quindi il controllo della crescita di questi tumori  latenti da parte di sostanze alimentari come la soia riveste una importanza notevole. Inoltre, la protezione offerta dalla soia contro il cancro alla prostata non si limiterebbe  al suo effetto sui recettori androgeni, ma implicherebbe anche una attività inibitrice nei confronti dei recettori del fattore della crescita, oltre ad inibire l’angiogenesi.

Esistono ormai consolidati studi epidemiologici  sull’importante ruolo protettivo  della soia nel tumore del seno e della prostata.

 Hanno creato molta confusione alcuni studi di segno opposto che pur presentando campioni molto rappresentativi (esempio quello californiano su 111.000 donne ) che però presentano errori di base molto grossolani e mi preme dirlo perché sul  ruolo degli isoflavoni  nel  cancro e sui disturbi della menopausa presentano alcuni  vizi gravissimi di fondo

a)      Vengono spesso condotti in popolazioni (California ?) dove l’apporto di isoflavoni è molto basso e quando si prendono in esame popolazioni asiatiche , dove il consumo è più alto,  il tempo di follow-up  è  troppo basso.

b)     Esempio, nello studio californiano realizzato a S.Francisco su donne asiatiche , l’apporto quotidiano di queste donne (pur se asiatiche) era di soli 3 mg/die ed era basato su prodotti industriali della soia, nei quali come abbiamo visto….non c’è soia.

c)      Solo il 3% del campione consumava miso o tofu più di una volta al mese, in confronto alle TRE volte al giorno delle giapponesi che risiedono in Giappone, che infatti hanno rischio di gran lunga inferiore  di sviluppare  la malattia ed una bassissima incidenza di disturbi della menopausa.

E’ quindi probabile  che sia necessario superare una certa soglia nel consumo di soia per provocare una riduzione del rischio, poiché in tutti gli studi  che suggeriscono un ruolo protettivo venivano assunte  quantità di isoflavoni superiori a 25 mg/die

d)     Quasi tutti gli studi ( a questo punto è facile sospettare che ci siano interessi importanti a promuoverli con questi  gravi vizi di forma , ed avrebbero solo l’obiettivo di opporsi a quelli consolidati per creare “confusione”), sembrano passare oltre ad un dato consolidato , che è un fattore chiave  in grado di influenzare l’incidenza del cancro al seno e  la bassa incidenza dei disturbi della menopausa.

Infatti  da tutti i risultati  sulla protezione o sull’abbassamento dei disturbi della menopausa , emerge una forte relazione  tra l’inizio del consumo di isoflavoni  e la loro efficacia.

Quando questo inizia in età prepuberale o adolescenziale  emerge una forte correlazione in senso protettivo, anche se il consumo dovesse diminuire  in età adulta.  Quindi che senso ha promuovere studi  in età adulta ( in genere menopausale)  sul ruolo protettivo  del tumore al seno o sull’incidenza  dei disturbi della menopausa  ?  Nessun senso perché dimostrerebbero  falsamente  che gli isoflavoni si dimostrano inefficaci.  Con somma soddisfazione per i venditori di altre presunte terapie.

LA CONTROVERSIA  DELLA SOIA

Anche se la maggioranza di ricercatori, medici e nutrizionisti, è d’accordo  nell’affermare  che l’apporto di soia nel regime alimentare sia positivo per la salute  , esiste  una certa controversia  sul consumo di questo alimento in due casi ben precisi, nelle donne in menopausa ed in quelle che hanno o hanno avuto un tumore al seno.

DONNE  IN MENOPAUSA

In parte ne abbiamo fatto cenno alle ragioni della controversia. Ma possono esistere le ragioni opposte : che il consumo di isoflavoni sia  eccessivo.

La menopausa è causata dal netto calo nel sangue degli ormoni sessuali femminili, che con l’invecchiamento porta all’arresto delle funzioni riproduttive. Quindi non è una malattia…ma un cambiamento fisiologico.

http://www.senosalvo.com/menopausa_nn_malattia.htm

Questo fenomeno è accompagnato, come vedremo con variabilità geografica ( 75%-80 %  in  America, 65-70%  Europa, 20% Giappone, 14 % Cina), da alcuni disturbi, come sensazione di calore intenso, secchezza delle mucose vaginali ecce cc.

Per attenuare  gli effetti negativi di questo calo ormonale  e per apportare  all’organismo

Gli ormoni mancanti che non vengono più prodotte dalle ovaie, è stata messa a punto la terapia ormonale sostitutiva . Tuttavia  i benefici  di questo approccio terapeutico sono stati messi in discussione perché , pur tra tante discussioni,  siano indubbi alcuni rischi rispetto ai benefici , soprattutto ad un aumento del rischio  di cancro al seno (2,3 % all’anno) e persino  i benefici sull’osteoporosi vengono messi in discussione da uno studio recentissimo (pubblicato il 22 ottobre 2012) mediante le linee guida pubblicate sull’autorevolissimo Annals of Internal Medicine. Secondo la commissione la terapia con estrogeni o estrogeni piu' progestinici riduce il rischio di fratture e di problemi cardiaci, ma aumenta quello di ictus, trombi e altre patologie tumorali.

http://annals.org/article.aspx?articleid=1384872

Senza volere approfondire i giudizi personali  sui benefici o sugli inconvenienti della terapia ormonale, è nel contesto di una alternativa alla terapia tumorale  che viene spesso considerato l’utilizzo dei prodotti ricchi di isoflavoni sulla base della diversa incidenza dei disturbi  della menopausa  (14% Cina, 85% America).

Come nel caso del cancro al seno , la notevole differenza tra consumo di soia,  tra donne asiatiche e occidentali è stato ancora una volta considerato  come fattore responsabile  delle variazioni osservate e questo ha provocato la comparsa sul mercato  di prodotti arricchiti di isoflavoni, provenienti  da estratti di soia o da trifoglio rosso (altra fonte di isoflavoni)

Questi prodotti suscitano una certa inquietudine , perché i preparati  arricchiti di isoflavoni accelerano lo sviluppo dei tumori al seno nei topi di laboratorio con bassi livelli di estrogeni, come succede alle donne in menopausa. E come se non bastasse un altro studio  ha rivelato che la somministrazione di un preparato a base di proteine di soia  a donne fra i 38 e i 58 anni provoca l’aumento di molti markers  associati al rischio di sviluppare il cancro al seno, come la comparse di cellule iperplastiche e l’aumento di estrogeni nel sangue.

 

Ecco quindi dove sta il  problema del  “pericolo” dei fitoestrogeni durante la menopausa :  oggi molti occidentali consumano quantità enormi di queste sostanze , che sono molto diverse da quelle fornite dalla alimentazione asiatica. , dove  il consumo varia da un minimo di  40-60 g di soia al giorno.   Tutti gli studi hanno quindi dimostrato  che il minimo di efficacia è di 25 mg di isoflavoni al giorno, mentre molti  integratori  ne  contengono anche  100.  Va da sé  la raccomandazione che per essere efficaci  gli isoflavoni presenti non devono essere inferiori a 25mg (infatti alcuni studi  anche di questi giorni concludono con…l’inefficacia, ma perché di isoflavoni ne usano ben pochi )

mentre  oltre 50 mg/die non siamo in grado ancora di prevedere quale possa essere la conseguenza di tali prolungate somministrazioni.

 LA SOIA E LE DONNE CHE HANNO  O HANNO AVUTO IL TUMORE AL SENO

 La situazione per queste donne è ancora più complessa.

E abbiamo visto che gli isoflavonoidi hanno un meccanismo d’ azione tamoxifene-simile senz’altro molto utile. Ma anche in questo caso si possono dare le stesse raccomandazioni  che abbiamo esposto per la menopausa e cioè che vanno assolutamente vietati gli integratori di soia .

A dosi oculate  il vantaggio vale anche per le donne che hanno avuto un tumore al seno, tant’è

che un recente studio ha dimostrato  che se le fonti di isoflavoni purificati inducono un aumento della crescita  dei tumori mammari,  mentre la somministrazione dell’alimento naturale che contiene la stessa quantità di isoflavoni non ha alcun effetto su tale crescita.

Molto importanti sono i risultati di un altro studio  che ha dimostrato sugli animali di laboratorio che  la soia  annulla l’effetto del Tamoxifene .

Gli studi sugli animali di laboratorio non sempre vengono confermati  sull’uomo ma questa osservazione  prudenzialmente  ci porta alla raccomandazione  che le donne che hanno avuto un tumore al seno dovrebbero puntare nello stile di vita più che sulla soia, su altri alimenti che hanno mostrato attività preventiva antitumorale come aglio e cipolle, cavoli e crucifere, frutti di bosco……

http://www.senosalvo.com/cellule_tumorali_detestano_cavolfiore.htm

http://www.senosalvo.com/frutti_bosco_contro_cancro.htm