CANCRO E ALIMENTAZIONE

 

Da quasi trent’anni l’oncologia mondiale studia il rapporto tra cibo e cancro e la valutazione che attribuisce a una “buona dieta” la possibilità di evitare complessivamente il 30-40% di tutti i tumori è quella che ottiene il maggior numero di consensi
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1996 in tutto il mondo più di 10 milioni di persone si sono ammalate di cancro: ebbene, 3 o 4 milioni avrebbero potuto evitare la malattia se negli anni precedenti avessero mangiato in modo diverso da come hanno fatto.

Una delle prove più importanti a suo favore è fornita dagli studi statistici definiti “ecologici” o “di correlazione geografica”, quelli che confrontano l’incidenza delle malattie tumorali in diverse aree geografiche. Le differenze sono molto forti. Il cancro dello stomaco, per esempio, in Giappone è 25 volte più frequente che in Uganda, quello del colon negli Stati Uniti è 10 volte più diffuso che in Nigeria e il cancro del fegato in Mozambico è 100 volte più frequente che in Inghilterra. In questi e molti altri casi dello stesso tipo le responsabilità del cibo sono evidenti. Non solo, forti differenze nell’incidenza del cancro sono state riscontrate tra le popolazioni indigene, quelle che non hanno mai lasciato il loro paese di origine, e gli emigranti. I  nigeriani che vivono in Africa, per esempio, hanno meno tumori del colon, del retto e del fegato di quelli emigrati negli Stati Uniti e anche tra i giapponesi emigrati nelle Hawai, dove lo stile di vita è di tipo occidentale, la frequenza dei tumori è diversa rispetto a quella che si registra nella madre-patria. Questi studi escludono che il motivo delle differenze esistenti tra una regione e l’altra siano la razza o fattori non verificabili (nel linguaggio comune si direbbe “il caso”) e ribadiscono invece che la maggiore o minore diffusione del cancro dipende in larga misura da come si vive e da quello che si mangia nei diversi paesi.

Anche in Italia esistono prove della responsabilità del cibo sulla diffusione del cancro: un dato molto significativo è quello relativo al tumore dello stomaco. I registri-tumori mettono infatti in evidenza che quelle di Forlì-Ravenna e di Firenze sono due aree a alto rischio per questa malattia: in queste zone il tumore gastrico ha una incidenza doppia rispetto alla media italiana ed è di quasi 4 volte superiore rispetto all’incidenza del centro-sud. Uno dei fattori che possono spiegare l’incidenza di queste zone e di altre aree del centro e del nord-Italia è il forte consumo di salumi e di insaccati. Ma questo è soltanto un esempio. In linea generale nelle regioni settentrionali della penisola, le più industrializzate, il cancro ha complessivamente una frequenza doppia rispetto al meridione e alle isole anche a causa delle diverse abitudini alimentari.

Secondo Franco Berrino, responsabile del Servizio di Epidemiologia dell’Istituto dei Tumori di Milano, «abbiamo perso di vista, e questo vale anche per molti medici e uomini di scienza, l’insegnamento che ci viene dai passati millenni, un esperimento grossolano ma di enorme significato. Da quando gli dei hanno insegnato a coltivare i campi, i popoli della terra hanno sempre saputo che cereali e legumi, occasionalmente insieme ad altri semi oppure a cibo di origine animale, più spesso insieme a verdure di vario tipo, offrono una perfetta combinazione alimentare. Nelle Americhe ancora oggi i poveri mangiano tortillas e fagioli, in nord-Africa semola di grano (il cuscus) e ceci, nell’Africa nera miglio e arachidi, in Oriente riso e soia, nel Mediterraneo agricolo riso e lenticchie oppure pasta e fagioli. Nei paesi occidentali ricchi, invece, nel corso dell’ultimo secolo ci si è progressivamente discostati dalla dieta tradizionale:  cibi che un tempo erano mangiati soltanto occasionalmente, come molti alimenti di origine animale, a cominciare dalla carne ma anche dal latte che era difficilmente conservabile, oppure che non erano neppure conosciuti, come lo zucchero e le farine molto raffinate, sono diventate un nutrimento quotidiano. Attualmente si consumano anche cibi che in natura non esistono affatto., come certi grassi presenti nelle margarine o i nuovi “grassi non grassi”. Questo modo di mangiare, sempre più ricco di calorie, di zuccheri semplici  e di proteine ma in realtà povero di alimenti naturalmente completi, ha contribuito grandemente allo sviluppo delle malattie “da civiltà”: l’obesità, il diabete, l’ipertensione, l’aterosclerosi, l’infarto cardiaco, l’osteoporosi, la stitichezza, l’ipertrofia prostatica e molti tipi di tumori tra cui quello dell’intestino, della mammella e della prostata».

Ma occorrono altre considerazioni per capire la natura del cambiamento alimentare proposto dagli esperti. Per essere efficace, prima di tutto, la modificazione delle abitudini alimentari dev’essere qualitativamente complessa e questo fatto rappresenta un primo ostacolo alla sua attuazione. Per diminuire il rischio-cancro non basta togliere dal piatto il cibo “cattivo” (per esempio i grassi o il sale) e sostituirlo con quello “buono” (per esempio le farine integrali). I meccanismi biologici mediante i quali i cibi influenzano la crescita cellulare e favoriscono il tumore sono molteplici e complicati: è ragionevole pensare che anche una dieta protettiva richiede un cocktail equilibrato di molti alimenti diversi. Dunque, chi si aspetta la salvezza da uno slogan o da qualche ricetta resterà deluso.

In molti casi inoltre è in gioco tutto lo stile di vita e non solo il modo di mangiare. «C’è una forte evidenza», ricorda Berrino, «che le verdure esercitino una azione protettiva nei confronti del cancro del polmone: chi le mangia regolarmente riduce della metà il rischio di ammalarsi rispetto a chi non le consuma. Ma se continua a fumare il pericolo del cancro al polmone rimane comunque alto». Un discorso analogo vale per il tumore dello stomaco: non è soltanto il sale che aumenta il rischio, è anche l’helicobacter pylori, un batterio che ha grosse responsabilità nella nascita e nello sviluppo di questa malattia.

Un’altra difficoltà viene dal tempo richiesto perché i cambiamenti dietetici diano dei risultati. Solo in alcuni casi, come nella mammella e nel colon, i benefici di una buona dieta possono manifestarsi dopo 10-20 anni dal suo inizio ma di solito occorre che il costume alimentare “protettivo” parta precocemente, fin dall’infanzia, e che sia portato avanti per molti anni. Secondo il parere degli esperti i benefici di un cambiamento della dieta nella popolazione generale compariranno chiaramente dopo 15-60 anni dal suo inizio: a molti, vittime di un’epoca come la nostra che è divorata dalla fretta e che sembra senza domani, può apparire un traguardo troppo lontano per essere ambito.

La strategia della prevenzione alimentare dei tumori, infine, potrebbe risultare falsata da un confronto affrettato con quella farmacologica. Da qualche anno l’oncologia mondiale guarda in effetti con grande interesse alle ricerche che si propongono l’identificazione di farmaci che potrebbero essere in grado, se presi per molti anni, di diminuire il rischio di malattia: ma si tratta per ora di promesse che attendono ancora una conferma e che in prospettiva, comunque,  non sono assolutamente in alternativa con la prevenzione alimentare. Conclude Berrino: «Complessivamente non c’è ragione di essere pessimisti, oggi le società occidentali percepiscono meglio che in passato la logica e i vantaggi della prevenzione alimentare. Quanto è avvenuto per la sigaretta è significativo, alle soglie del Duemila molti segnali fanno pensare che si avvicini un cambiamento di rotta anche per quanto riguarda il modo di mangiare. Siamo all’esordio, forse, di un atteggiamento finalmente rispettoso degli equilibri naturali e delle loro complesse, misteriose esigenze anche a tavola».


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Influenza del cibo sui tumori più diffusi
Tipo di tumore  Numero annuale di casi di malattia nel mondo  Cibi che lo prevengono (-) o che lo favoriscono (+)  Percentuale di tumori evitabili con la dieta  Fattori non dietetici collegati al tumore 
Polmone 1.320.000  - Verdura e frutta  Dal 20 al 33%  Fumo 
Ambiente di lavoro
Stomaco 1.015.000  - Verdura e frutta 
- Uso del frigo 
+ Sale(1) 
+ Grigliate  Dal 66% al 75%  Infezione da Helicobacter pylori
Mammella 910.000  - Verdure 
+ Grassi 
+ Alcol (2) 
+ Obesità Dal 33 al 50% Abitudini riproduttive 
Menarca precoce 
Patrimonio genetico 
Radiazioni
Colon e retto 875.000 - Fibre e verdura 
- Attività fisica 
+ Grassi 
+ Alcol Dal 66 al 75% Patrimonio genetico 
Colite ulcerosa
Bocca e gola 575.000 - Verdura e frutta 
+ Alcol 
+ Grigliate Dal 33 al 50% Fumo 
Tabacco masticato
Fegato 540.000 + Alcol 
+ Cibi contaminati Dal 33 al 66% HBV o HCV(3)
Collo dell'utero 525.000 + Obesità Dal 10 al 20% HPV(4) 
Fumo
Esofago 480.000 - Verdura e frutta 
+ Alcol Dal 50 al 75% Fumo
Prostata 400.000 + Grassi Dal 10 al 20% -

(1) In particolare quello contenuto nei salumi e nei cibi conservati
(2) L'alcol favorisce i tumori se viene assunto in una dose superiore a 3-4 bicchieri di vino al giorno
(3) Sono i virus responsabili rispettivamente dell'epatite B e dell'epatite C
(4) Si tratta del Papilloma virus che colonizza le regioni genitali
Fonte: Tabella modificata da Food, Nutrition and Prevention of Cancer, Washington 1997, edita dalla World Cancer Research Found e dall’American Institute for Cancer Research.
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Questa tabella mostra con grande chiarezza gli effetti dell’alimentazione su 9 tipi di tumore che sono attualmente tra i più diffusi: per ognuno di loro (seconda colonna) vengono indicati i casi di malattia registrati annualmente sul pianeta. Con il segno (-) vengono indicati i cibi che esercitano un’azione protettiva nei loro confronti e con il segno (+) quelli che li favoriscono (terza colonna). Viene quindi segnalata (quarta colonna) la percentuale minima e massima di tumori che, secondo i diversi studi, potrebbero essere evitati attraverso una buona alimentazione. Il numero dei casi di malattia che la dieta piò risparmiare è altissimo: in 3 casi (colon e retto, stomaco e esofago) tutti gli studi arrivano alla conclusione che una alimentazione più “naturale” eviterebbe una percentuale di malattia superiore al 50% e in altri due casi (mammella e cavo orale) una riduzione del 50% viene ipotizzata dalle indagini più ottimistiche. Da ultimo infine (quinta colonna) vengono indicati, quando sono noti, i fattori non alimentari che influiscono su ognuno dei tumori considerati  Straordinariamente importante il ruolo del fumo: eliminando la sigaretta si eviterebbe il 90 per cento dei tumori polmonari ma anche il cancro del cavo orale, dell’esofago e del collo dell’utero vengono favoriti dal fumo.
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Le  raccomandazioni da non dimenticare
Ecco le raccomandazioni dettate nel 1997 dalla World Cancer Research Found e dall’American Institute for Cancer per uno stile nutrizionale che favorisca la prevenzione del cancro e di altre malattie croniche, con particolare riferimento alla cultura italiana e mediterranea.

1) Scegliete prevalentemente alimenti di origine vegetale, con un’ampia varietà di verdure e di frutta, di legumi e di alimenti amidacei (1) non o poco raffinati. 
2) Mantenete il peso-forma (2) e non appesantitevi troppo nell’età adulta (non più di 5 chili). 
3) Mantenetevi fisicamente attivi per tutta la vita 
4) Mangiate almeno 4 porzioni al giorno (pari a 600-800 grammi) di verdure (3) o di frutta nel corso di tutto l’anno, approfittando delle varietà che offrono tutte le stagioni 
5) Basate l’alimentazione quotidiana su cereali e legumi. Preferite prodotti che non abbiano subito importanti trattamenti industriali. Evitate il più possibile, invece, farine e zuccheri raffinati. 
6) Le bevande alcoliche sono sconsigliate. Per chi ne fa uso abituale si raccomanda di non superare due bicchieri al giorno per gli uomini e uno per le donne (4) 
7) L’uso abituale di carne rossa è sconsigliato. E’ preferibile consumare pesce e, qualche volta, carni bianche o di animali selvatici. 
8) Limitate il consumo di grassi, soprattutto di origine animale. Vanno bene, invece, piccole quantità di oli vegetali. 
9) Evitate il consumo di cibi conservati sotto sale e limitate l’uso del sale per cucinare o per condire. Privilegiate invece le erbe aromatiche. 
10) Non lasciate a lungo cibi deteriorabili a temperatura ambiente ma conservateli in frigorifero 
11) Certi additivi alimentari possono essere pericolosi, così come i residui di diserbanti e insetticidi 
12) Evitate il consumo abituale di carni o pesci cotti a elevate temperature, alla griglia o affumicati. 
13) Per chi segue queste raccomandazioni ogni integratore alimentare o supplemento vitaminico è inutile. 

(1)  Soprattutto cereali in chicci o sotto forma di pane integrale, pasta, polenta eccetera: ma anche radici e tuberi
(2) Non più di 60 kg. per chi è alto un metro e 60 cm., non più di 67-68 kg. per chi è alto uno e 70, non più di 75 kg. per chi è alto uno e 80.
(3) In generale le verdure si sono rivelate più protettive della frutta: ma tra le verdure raccomandate non sono comprese le patate, che è bene consumare saltuariamente
(4) Un bicchiere di vino contiene la stessa quantità di alcol etilico di una lattina di birra o di un bicchierino di liquore


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Le questioni più discusse

Qualche domanda a  Franco Berrino

È vero che le pillole di vitamine proteggono dai tumori? Latte e formaggi dopo i cinquant'anni sono utili a prevenire l'osteoporosi? Abbiamo rivolto questi e altri comuni interrogativi al dottor Franco Berrino, responsabile del Servizio di Epidemiologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Il rapporto tra cibo e tumori ha rappresentato per Franco Berrino un interesse costante, documentato da molti studi e pubblicazioni internazionali. Berrino è stato uno dei pochi ricercatori italiani chiamati a collaborare alla stesura del volume Food, Nutrition and the Prevention of Cancer, 1977.

Dottor Berrino, a che punto è la ricerca scientifica mondiale sull’alimentazione ?

«Nei decenni passati la ricerca ha raggiunto evidenze importanti. In sintesi è stato dimostrato che lo spostamento delle abitudini alimentari da una dieta ricca di cibi super-raffinati e di origine animale, come è quella dei paesi sviluppati, a una dieta fondata sul consumo di vegetali e di cereali non raffinati sarebbe molto utile e potrebbe prevenire tra l’altro la formazione di un numero considerevole di tumori. E’ vero però che queste acquisizioni sono ormai datate».

«Attualmente siamo in una fase nuova. Per acquisite altri dati e per verificare le ipotesi ancora incerte sono stati adottati metodi di indagine innovativi. Il primo è quello degli studi prospettici “con banca biologica”. Si seguono per anni le condizioni di salute di molte di persone e i casi di malattia vengono studiati analizzando i campioni di sangue, di urine o di midollo osseo che, prelevati all’inizio dello studio, vengono conservati sottozero. Il più importante di questi studi si chiama EPIC, European Prospeptic Investigation in the Cancer, ed è coordinato allo IARC di Lione dal dottor Riboli. Per questo studio sono stati arruolati 400.000 europei, di cui 45.000 italiani, i “campioni biologici” disponibili nella banca-dati sono10 milioni. Dopo il 2000 si avranno i primi risultati».

«La seconda linea di ricerca è quella degli studi “di intervento”. In questo caso si tratta di convincere un gruppo di persone a sperimentare la dieta che la ricerca scientifica ritiene protettiva  nei confronti del tumore. L’indagine più importante di questo tipo è lo Women Health, uno studio americano che si propone come primo obiettivo di verificare gli effetti preventivi sul tumore della mammella esercitati da una dieta povera di grassi e ricca di verdure. E’ probabile che queste ricerche approdino a risultati nuovi e significativi».

Gli studiosi dicono di avere le idee chiare su quello che si dovrebbe o non si dovrebbe mangiare ma la gente comune non può affermare la stessa cosa. Per esempio, cibi come il latte e i formaggi fanno bene o fanno male alle donne in menopausa ?

«Non esiste un solo studio che dimostri l’utilità di una forte assunzione di latte o latticini dopo la menopausa: non è vero che le donne che ne consumano di più subiscono meno fratture e sono noti anche i motivi della mancata protezione. Il fatto è che il latte ma soprattutto il formaggio sono ricchi di proteine animali e queste sono le proteine più “acide” che esistono. D’altra parte il primo sistema organico che viene automaticamente chiamato in causa per abbassare il livello di acidità è quello scheletrico: dopo aver mangiato proteine animali le ossa cedono spontaneamente calcio, un anti-acido, e questo fatto è documentato da una maggiore presenza di calcio nelle urine nelle persone che consumano più carne, formaggi o latte».

«Le donne in menopausa, dunque, dovrebbero assumere calcio prevalentemente dai vegetali: ce n’è molto, per esempio, nel sesamo, nelle noci, nelle mandorle, nei cavoli e nei legumi. Questi cibi non “acidificano” l’organismo e di conseguenza non impongono alle ossa di espellere calcio. Su questo punto la scienza non ha dubbi: sono i medici, e in particolare i ginecologi e gli ortopedici, che dovrebbero fornire ai loro pazienti informazioni e direttive di comportamento alimentare più precise. Si deve aggiungere, per completezza, che lo stesso discorso non vale prima delle menopausa: in questo periodo della vita infatti anche il consumo di proteine animali concorre effettivamente a sviluppare una buona densità ossea. Purtroppo anche su altri temi alimentari si registrano tuttora imprecisioni, confusione e luoghi comuni».

E’ sufficiente una informazione corretta per ottenere un miglioramento delle abitudini alimentari ?

«La risposta è nella storia degli ultimi decenni. In tutti i paesi occidentali i costumi alimentari sono vistosamente cambiati ma questo è avvenuto prima di tutto perché è cambiata l’offerta di cibo, poi perché certi alimenti sono stati  e sono molto pubblicizzati o per il loro prezzo. Il problema non è tanto convincere la popolazione a cambiare modo di mangiare, il problema è il cambiamento di tutto quello che ruota attorno al pianeta-cibo, a cominciare dagli interessi economici della produzione e della distribuzione. L’ideale sarebbe che il Ministero della sanità collaborasse a questo scopo con quello dell’industria. Soltanto la conversione di tutto il sistema alimentare renderà possibile nutrirsi diversamente».
 

Le pillole e gli integratori a base di vitamine possono prevenire il tumore ?

«Molti studi sono state effettuati su questo tema ma  non è stato possibile documentare che le pillole a base di vitamine hanno sui tumori lo stesso effetto protettivo esercitato dalla verdura e dalla frutta. Anzi, alcuni grandi studi hanno dovuto essere sospesi perché forti dosi di vitamine in pillole si sono dimostrate pericolose. E’ il caso del betacarotene, un “precursore” della vitamina A: rispettivamente nel ’92 e nel ’94 una ricerca finlandese e una ricerca americana sono state interrotte perché le pillole sembravano favorire la nascita del cancro. Eppure è dimostrato che le verdure ricche di betacarotene (le carote e le verdure rosse ma anche le verdure verde-scuro come i cavoli) hanno un effetto protettivo, in particolare, dal tumore del polmone. Il consiglio da dare, dunque, è di mangiare molti vegetali ma di non prendere pillole vitaminiche. Un’eccezione può essere fatta per quei rarissimi casi in cui non è possibile assumere verdura o frutta: ma la valutazione finale spetta al medico curante».

Dottor Berrino, da qualche anno lei sta conducendo all’Istituto dei Tumori di Milano, anche con l’aiuto dell’Associazione “Attive Come Prima”, lo studio denominato Diana: ci può dire di che si tratta ?

«Lo studio è stato suggerito dall’osservazione che l’alimentazione delle popolazioni dove l’incidenza di tumore della mammella è minore, come quelle orientali o dell’Italia meridionale, è ricca di fitoestrogeni, sostanze vegetali simili agli ormoni femminili ma molto meno potenti. I fitoestrogeni sono contenuti nei semi di molti vegetali: ne sono ricchissimi la soia e il lino e in misura minore i cereali purché non siano eccessivamente raffinati, i legumi, la frutta, le noci, le mandorle. L’ipotesi da cui siamo partiti è che attraverso diversi meccanismi di azione i fitoestrogeni abbassino il livello di quegli ormoni sessuali che a loro volta favoriscono il tumore: e che per questo motivo esercitino un’azione protettiva sulla mammella. Per rendere gradevole la nostra dieta abbiamo utilizzato le ricette, anche dimenticate, della tradizione popolare e abbiamo cercato di “occidentalizzare” la dieta senza tradire il suo contenuto».

«Il primo studio Diana ha coinvolto un centinaio di donne sane che per 4 mesi e mezzo hanno accettato una dieta a base di fitoestrogeni: i risultati sono stati positivi, non solo il livello degli ormoni sessuali è diminuito ma è diminuito anche il peso corporeo e il colesterolo. Il secondo studio Diana ha coinvolto donne operate di tumore al seno ed ha avuto un risultato altrettanto soddisfacente: anche se in misura minore del tamoxifene, il farmaco usato per prevenire possibili ricadute della malattia, la diete a base di fitoestrogeni ha confermato di abbassare il livello degli ormoni che possono favorire il tumore e quindi di diminuire il rischio di cancro al seno».

«L’obiettivo per il futuro è di verificare l’effetto della stessa dieta non più sugli ormoni ma direttamente sui tumori della mammella, della prostata e dell’intestino. Per avere dati significativi, però, occorre che allo studio partecipino molte persone e che il tempo di osservazione sia molto più lungo di quello usato in passato (almeno 5 anni). In alternativa la dieta a base di fitoormoni potrebbe essere studiata su un gruppo di donne che appartengono a famiglie ad alto rischio di tumore al seno. In questo caso il numero delle donne che partecipano allo studio potrebbe essere ridotto: la loro adesione a questo progetto sperimentale sarebbe utile sia sul piano personale che alla ricerca oncologica che ha come obiettivo l’identificazione di una dieta in grado di prevenire il tumore».