Riflessioni sull’articolo:


ARE THE CLINICAL EFFECTS OF HOMOEOPATHTY PLACEBO EFFECTS? COMPARATIVE STUDY OF PLACEBO-CONTROLLED TRIALS OF HOMOEOPATHY AND ALLOPATHY.


di Aijing Shang, Prof. Matthias Egger and C.,
recentemente pubblicato su The Lancet (27 August 2005-2 September 2005, pages 726-732).



Se vogliamo veramente comprendere il senso dell’omeopatica, senza sentirci influenzati dall’una o dall’altra parte del pensiero medico, dobbiamo considerare come base di lettura di questo articolo la parola: EFFICACIA.
Gli autori intendono dimostrare, basandosi su valutazioni statistiche, che nei lavori omeopatici l’ efficacia dei rimedi omeopatici è di poco superiore a quella del placebo, mentre, a parità di patologie, medicinali convenzionali sono fortemente efficaci rispetto al placebo.
E’ necessario dunque comprendere il senso della parola efficacia.
Efficaci rispetto a cosa? Rispetto al placebo rispondono gli autori dell’articolo.
Il placebo però ha un significato preciso: raggiungere la guarigione spontaneamente. I farmaci convenzionali, come l’articolo vuole dimostrare, consentono di raggiungere la guarigione in un numero fortemente più grande di casi rispetto al placebo.
Ma la capacità di guarigione spontanea dell’organismo e la guarigione indotta farmacologicamente hanno la stessa valenza per il paziente?
Mi spiego: guarire spontaneamente, significa semplicemente guarire. Mentre guarire aiutati da un farmaco, significa, in molti casi, aver posto rimedio a dei sintomi fastidiosi, spesso con evidenti effetti collaterali, cioè favorendo l’insorgenza di altre patologie nell’immediato o a distanza.
Mettendola così la parola Efficacia comincia ad assumere tutto un altro significato: siamo di fronte ad una debole efficacia omeopatica, ma a guarigione clinica, contro una forte efficacia farmacologica convenzionale, ma con altrettanti effetti collaterali e ricadute a distanza.
Ed è proprio qui che si gioca la scelta da parte dei pazienti: in 300 milioni nel mondo preferiscono la debole efficacia statistica, ma la guarigione, piuttosto che la forte efficacia statistica, ma con tutti gli effetti collaterali e le ricadute a distanza intrinseche nella farmacologia convenzionale.
Ma i rimedi omeopatici hanno veramente un’efficacia che statisticamente è comparabile al placebo? Se così fosse realmente, significherebbe che il placebo ha una forte efficacia terapeutica perché il numero dei pazienti dei medici omeopatici che guariscono, per propria ammissione, è la stragrande maggioranza.
Un’altra cosa importante da considerare è legata alla scelta culturale dei medici. Se la medicina convenzionale potesse soddisfare tutte le nostre richieste terapeutiche, allora a nessun medico del terzo millennio verrebbe mai in mente di mettersi a studiare una disciplina con regole interne, sia legate alla preparazione dei farmaci omeopatici, sia rispetto alle modalità di prescrizione così complesse e difficili da rendere questo compito per tutti arduo.
I medici omeopati sono innanzitutto medici. Ne ho conosciuti molti negli ultimi dieci anni e tra questi alcuni sono clinici di grandissimo livello, come pochi se ne trovano in Italia.
Spesso ho chiesto loro perché abbiano intrapreso una via così complessa e contrastata dalla scienza come l’omeopatia. Le risposte ovviamente sono state varie e legate alla storia di ogni singolo medico, ma c’è un dato comune a tutti: sono tutti innamorati della propria professione di medico, al punto di aver scelto di rischiare la propria reputazione “Scientificamente corretta” pur di curare il malato nell’intento di aiutarlo a guarire, piuttosto che curare i sintomi di una malattia, anche se con farmaci “fortemente efficaci”.