Dottore, ho un nodulo qui! Ecografia, linfonodi e dintorni.

Di Salvo Catania - Marzo 2004

 

Premessa

Il reperimento improvviso di un nodulo in qualche parte del corpo è divenuto uno dei più frequenti sintomi che maggiormente ci allarmano. L’ecografia è la metodica di immagine più semplice , spesso esaustiva, per confermare o smentire l’allarme; essa infatti ( escludendo l’ormai obsoleta linfografia) è in grado di fornire elementi strutturali ( come sono fatti?) ai tradizionali elementi dimensionali ( quanto sono grandi?) già forniti dalle altre metodiche di immagine ( radiologia tradizionale, TC e RM), consentendo nella maggioranza dei casi di definire la natura di quel linfonodo ingrandito.
Se si considera che, fisiologicamente, le dimensioni dei linfonodi possono variare, anche di molto, da individuo a individuo, in rapporto all’età e alla storia clinica, e in rapporto al distretto anatomico che si esplora, è comprensibile come l’aggiunta dell’elemento strutturale può essere determinante nel definire normale , patologico e quanto patologico un linfonodo. Ma che cosa sono i linfonodi o linfoghiandole?
Per rispondere a questa domanda è necessaria una premessa sul circolo linfatico.

Il circolo linfatico

Come è noto il trasporto di ossigeno e delle sostanze nutritizie agli organi e ai tessuti avviene attraverso il sangue arterioso, che, spinto dalle sezioni di sinistra del cuore, giunge, attraverso l’aorta e le arterie più periferiche, fino ai vasi capillari all’interno degli organi. La parete dei capillari ha una struttura che consente la fuoriuscita dell’ossigeno e del liquido (liquido interstiziale) contenente le sostanze nutritizie; le cellule dei tessuti, immerse in questo liquido, assorbono l’uno e le altre e vi immettono l’anidride carbonica e le sostanze di scarto che, quindi, attraverso il liquido interstiziale , rientrano nel sangue nel tratto a valle del capillare. Il sangue, ormai venoso, cioè privo di ossigeno, giunge attraverso le vene degli organi alle due grandi vene cave, provenienti dalla testa e dal collo la superiore e dal resto del corpo quella inferiore, e da qui alle sezioni di destra del cuore dove è spinto nei polmoni,che lo riforniscono di ossigeno e lo rimandano nelle sezioni di sinistra del cuore dove il ciclo ricomincia.
In questo meccanismo, il bilancio tra liquido che esce dal sangue arterioso e liquido che rientra nel circolo venoso non è mai in equilibrio perfetto. Infatti, per evitare che elementi nocivi (patogeni), prodotti o contenuti in organi o parti di organi malati, entrino nel circolo ematico, una quota di liquido interstiziale, con l’eventuale contenuto patogeno, non rientra nel lato venoso dei capillari, ma viene veicolato (drenato), con il nome di linfa all’interno di un terzo circolo, il circolo linfatico, interposto tra quello arterioso e quello venoso, con cui di solito condivide la sede e il decorso anatomico, oltre alla struttura costituita da tubi sottilissimi (vene linfatiche) . Queste confluiscono in vene linfatiche sempre più grandi ( ma di calibro notevolmente inferiore a quello delle rispettive arterie e vene), l’ultima delle quali , il dotto toracico, riporta la linfa nella vena succlavia sinistra e da qui alla vena cava superiore e al cuore destro.
A questo punto lo sbilancio di liquido che era avvenuto a livello del circolo capillare viene riequilibrato.
La linfa, essendo normalmente costituita da acqua , da soluti salini e da un contenuto cellulare molto ridotto, in condizioni normali, rispetto al sangue, è incolore e limpida come l’acqua, con l’eccezione di quella proveniente dal tubo digestivo durante le fasi di digestione, dove vengono assorbiti gli acidi grassi di origine alimentare che conferiscono a questa linfa, che assume il nome di chilo, un colore lattescente. Gli acidi grassi verranno veicolati al fegato , prima che la linfa confluisca nel circolo venoso.
Ma che fine fanno gli eventuali patogeni penetrati nella linfa prima che questa ritorni nel sangue?

I linfonodi

I vasi linfatici, a mano a mano che si allontanano dagli organi e tessuti di provenienza penetrano in veri e propri filtri, i linfonodi, che hanno una struttura appunto finalizzata ad assorbire e, se possibile , elaborare fino alla distruzione, i patogeni eventualmente contenuti nella linfa che, quindi, tornerà nel sangue, anche se non sempre, pura e limpida.
I linfonodi normali ( cioè non stimolati da un impulso patogeno), hanno la forma e, in parte , le dimensioni di un fagiolo ( non si dimentichi che anche i fagioli hanno dimensioni molto variabili!): hanno quindi un diametro maggiore e uno spessore che può essere dalle 2 alle 6 volte più piccolo; hanno un lato lungo convesso, su cui si innestano , perpendicolarmente, i piccoli vasi linfatici, in numero variabile da pochi a molte decine, e hanno l’altro lato lungo concavo, perché nel suo centro c’è un’incisura l’ilo del linfonodo, attraverso cui penetrano le arterie e fuoriescono le vene, perché anche il linfonodo è un organo che va nutrito; anzi , a questo proposito, possiamo subito dire che, in caso di impulso patogeno, l’attività metabolica del linfonodo può aumentare anche di molto e , quindi, avrà bisogno di molto più sangue e questo, come vedremo, avrà un risvolto ecografico di grande importanza.
I due lati corti del linfonodo, come nel fagiolo, fanno da raccordo ai due lati lunghi, in assenza di strutture anatomiche particolari. Il tutto è avvolto in una sottile capsula fibrosa che fa da parete che separa il linfonodo dalle strutture circostanti.
La struttura interna del linfonodo, che attribuisce un ruolo esclusivo all’ecografia, ha essenzialmente due componenti: la prima è quella costituita dalle strutture preposte alla nutrizione dell’organo, costituite essenzialmente dai vasi che penetrano e fuoriescono dall’organo, contenuti in una matrice di tessuto connettivale, in parte fibroso, in parte lasso e in parte adiposo. Il tutto ha una forma a cono, con apice, costituito da strutture più massicce, all’ilo dell’organo, e base, costituita dalla parte periferica del linfonodo, in cui le strutture vascoloconnettivali si assottigliano fino a scomparire e il sangue finisce in spazi privi di parete vasale , i sinusoidi, che costituiscono un vero e proprio labirinto di spazi delimitati dalla seconda componente del linfonodo, che è il tessuto nobile dell’organo preposto alla funzione di filtro e che altro non è che un ammasso di linfociti, addensati soprattutto sul versante convesso del linfonodo, dove, come abbiamo visto, confluiscono i vasi linfatici, la cui linfa scorrerà nei sinusoidi , a contatto diretto con gli ammassi linfocitari.
Queste due componenti sono molto ben riconoscibili all’ecografia, ovviamente non nella loro struttura microscopica, ben distinte tra loro, in quanto la componente ilare assume l’aspetto di una chiazza chiara situata eccentricamente all’interno del linfonodo (sinonimi ecografici: centro chiaro, nucleo iperecogeno, ilo del linfonodo), mentre la parte linfatica del linfonodo assume l’aspetto di una banda scura che, a mò di cuffia, circonda l’ilo (sinonimi ecografici: corticale ipoecogena, parenchima ipoecogeno). Essendo il linfonodo delimitato da una capsula riconoscibile all’ecografia, esso è ben distinto dalle strutture intorno, che, per i linfonodi situati all’esterno degli organi, sono in genere costituite da grasso..
Per capire le modificazioni che un linfonodo può subire quando è aggredito da un insulto patogeno, bisogna conoscere il ruolo e la funzione delle cellule che, essenzialmente, lo costituiscono : i linfociti.

I linfociti

I linfociti sono un tipo di globuli bianchi ( circa il 20-35% di tutti i globuli bianchi del sangue) che, oltre ad essere presenti nel sangue in forma di cellule libere circolanti, e nei linfonodi nella forma descritta, sono presenti, come stratificazioni di vario spessore di cellule , negli spazi tra vasi e tessuti e sotto tutte le superfici mucose del corpo: mucose respiratorie, dalla bocca agli alveoli polmonari, passando per il faringe, dove costituiscono ammassi grossolani ( adenoidi e tonsille), laringe, trachea e bronchi, e mucose intestinali, dall’esofago al retto, anche qui con ammassi relativamente massicci a livello dell’appendice e di alcune anse del tenue.
Altri ammassi linfatici non delimitati da capsula sono presenti nel grande spazio tra i due polmoni( mediastino), ricchissimo di organi. Sono infine la compente cellulare nettamente prevalente in ogani come la milza, il timo, situato tra i polmoni, dietro lo sterno, che dopo l’età neonatale si atrofizza e, in epoca fetale, il fegato, che , ancora prima della nascita, perde gran parte della componente linfatica.
Ma la sede principale dei linfociti, in forma di ammassi informi, è il midollo osseo emopoietico ( letteralmente: che produce sangue; da non confondere con il midollo spinale, che è il canale prodotto dalla giustapposizione delle vertebre, dove passano i fasci nervosi provenienti dal cervello), che è la sede dove i linfociti, come tutte le altre cellule del sangue, nascono, per poi migrare i tutte le sedi elencate. Il midollo emopoietico occupa gran parte delle ossa larghe, i corpi vertebrali e gli estremi delle ossa lunghe.
La conclusione è che i linfociti, dopo i globuli rossi, sono il tipo di cellule più largamente presenti nel corpo umano, nel senso che non esiste parte del corpo priva di essi. Se è facile comprendere il perché della ubiquitarietà dei globuli rossi, vista la loro funzione di trasposto dell’ossigeno ai tessuti, è altrettanto facile comprendere la analoga diffusione dei linfociti, visto che questi sono i cervelli della reazione contro i patogeni; si può capire inoltre perché , come visto, in talune parti del corpo sono più numerosi, essendo queste parti più esposte all’azione di patogeni. Si può infine capire perché i linfociti possano essere presenti in ammassi o stratificazioni informi, laddove svolgano solo la funzione di reazione ai patogeni, oppure siano raccolti in ammassi discreti, delimitati da capsula, laddove, i linfonodi appunto, si associa la funzione di trasporto della linfa, finalizzata al controllo idrodinamico.
Cerchiamo di capire come funziona il sistema linfatico.

La difesa dai patogeni: i linfonodi infiammati

Quando parliamo di patogeni facciamo essenzialmente riferimento a batteri e virus che, per il loro ciclo esistenziale, hanno bisogno di organi e tessuti di altri esseri viventi, che, di conseguenza, ne riporteranno un danno; le vie di accesso dei patogeni sono le interfacce di separazione tra gli esseri viventi e l’ambiente esterno: cute, vie aeree, tubo digestivo, orifizi naturali ( genitali, occhi, orecchie).Quando una qualsiasi di queste interfacce subisce l’aggressione di un agente patogeno, si innesca immediatamente una reazione di difesa che, nel suo complesso, prende nome di infiammazione e che in genere si inizia già nel punto di ingresso del patogeno e, successivamente, può coinvolgere l’intero organismo; l’innesco è dato proprio da quel tessuto linfatico sparso in tutto il corpo, da cui si dipartono segnali che hanno come conseguenza immediata un aumentato afflusso di sangue (arrossamento), che consente a un gran numero di globuli bianchi di uscire dal capillare, insieme con una aumentata quantità di liquido interstiziale, con il risultato di un rigonfiamento della parte ( edema); i globuli bianchi nell’interstizio iniziano letteralmente a “mangiare” gli agenti patogeni, facendo un’indigestione che ne causerà la distruzione; l’aumentata attività metabolica ha come risultato immediato l’aumento di temperatura (calore) della parte.
Il liquido interstiziale in eccesso, con i detriti ( frammenti di globuli bianchi di vario tipo, virus, batteri o parti di essi, sostanze chimiche liberate dall’infiammazione) in esso disciolti vengono assorbiti dai vasi linfatici e veicolati al primo filtro che incontrano, che di solito è un gruppo di linfonodi (stazione linfonodale di primo livello) situato ( non sempre!) in prossimità dell’organo o tessuto in preda all’infiammazione; se il volume del liquido drenato è in eccesso rispetto alla capacità di quella stazione, esso verrà assorbito dalle stazioni linfonodali di livello successivo che di solito sono situate lungo il decorso delle arterie delle vene afferenti ed efferenti da quell’organo.
Quindi il linfonodo si riempirà di liquido, che avrà come effetto immediato il rigonfiamento del linfonodo, che si ingrandirà in maniera armonica, conservando , cioè , come un palloncino , la forma originale lunga e appiattita; anche la struttura resta inalterata, perché il liquido imbibisce uniformemente tutte le parti del linfonodo, senza alterare i rapporti reciproci tra parte centrale e parte periferica che, anche all’ecografia, conserveranno i normali rapporti tra parti chiare e parti scure ( iperplasia semplice).
Nel liquido penetrato nel linfonodo sono contenuti dei linfociti e altre cellule della serie bianca ( soprattutto monociti) che hanno “riconosciuto”l’agente patogeno attraverso l’identificazione di alcune molecole specifiche di quel patogeno (antigeni) e hanno già incominciato a elaborare la risposta ad esso, producendo delle sostanze biochimiche attraverso le quali i linfociti del linfonodo subiscono una sorta di ringiovanimento che consente loro da una parte di riprodursi, così da raggiungere un numero idoneo alla difesa adeguata, e dall’altra di trasformarsi in un diverso tipo di cellule , le plasmacellule, che sono le fabbriche di quegli anticorpi che, immobilizzando gli antigeni relativi, immobilizzeranno la struttura ( virus o batterio) , di cui sono parte integrante, producendone la definitiva distruzione.
In questa fase, aumentando i linfociti del linfonodo, macroscopicamente aumenterà di spessore soprattutto la parte scura del linfonodo, che , pur conservando la forma ovale, sarà un po’ più rotondo e le strutture dell’ilo del linfonodo (chiare), sebbene più sottili , saranno ancora ben riconoscibili ( linfoadenite reattiva, linfonodo flogistico-reattivo). Va sottolineato a questo punto che questa “attivazione linfocitaria”, a seconda della causa di infiammazione o della persistenza di foci di infiammazione ( come tipicamente accade a livello del faringe e quindi nei linfonodi del collo), può avere una durata molto variabile, anche per anni !
Capita inoltre che nel linfonodo possa penetrare un agente patogeno nella sua interezza, virus, ma , soprattutto batterio, che potrà causare all’interno del linfonodo le alterazioni proprie di quel tipo di infezione, che quindi avrà le stesse caratteristiche anatomopatologiche che ha nell’organo di provenienza : escavazioni variamente piene di liquido fortemente denso nella tubercolosi ( necrosi caseosa, linfadenite tubercolare), produzione di pus più fluido nelle infezioni da germi piogeni ( produttori di pus); in entrambi questi casi le cavità si potranno fare spazio verso la superficie cutanea ( fistolizzazione, scrofola nelle forme tubercolari); tutti questi aspetti macroscopici sono abbastanza agevolmente riconoscibili all’ecografia. In alcune infezioni, abbastanza rare per fortuna, ( virus di provenienza animale, toxoplasmosi, melitense) l’attivazione linfocitaria può essere così intensa che il linfonodo si gonfia letteralmente come una palla perdendo qualsiasi strutturazione, così da simulare, come vedremo , patologie neoplastiche. Le quote liquide che rigonfiano il linfonodo saranno ben riconoscibili in quanto tali.
Dato l’alto numero di agenti patogeni, più o meno tutti i linfonodi di quella stazione e delle stazioni contigue potranno essere coinvolti.
Ma che accade quando un organo o un tessuto diventi sede di un tumore maligno?

I linfonodi metastatici

Come è noto uno degli elementi biologici che rende maligni i tumori è la capacità delle cellule che li costituiscono di sfaldarsi dal tumore e di poter diffondere , oltre che localmente, in prossimità del tumore primitivo, anche a grande distanza da esso, dove inizieranno un’attività riproduttiva , spesso più rapida di quella del tumore di partenza, che darà origine alle cosiddette metastasi; le vie di diffusione a distanza sono essenzialmente il sangue ( metastasi ematiche), attraverso cui le metastasi andranno a grande distanza dal tumore, in organi molto ricchi di circolo capillare ( fegato, polmoni, cervello , ossa ,surreni etc), e la linfa (metastasi linfatiche), attraverso cui le metastasi seguiranno una via coerente che inizia in prossimità del tumore.
Le cellule neoplastiche ( tumorali) sfaldate dal tumore di origine, subiscono la stessa sorte dei patogeni biologici già visti e , cioè, il tentativo di cattura e distruzione da parte delle cellule dell’infiammazione ( spesso il confine tra tessuto neoplastico e tessuto normale è ricco di tessuto infiammatorio); se cellule neoplastiche integre raggiungono il linfonodo e non vengono distrutte dalle cellule dell’infiammazione , cominciano a riprodursi in maniera tumultuosa , cosicché il linfonodo ne risulterà completamente invaso, senza nessuna zona di rispetto:Il linfonodo si gonfia uniformemente, assumendo forma sferica e l’alternanza tra zone chiare e scure viene completamente sovvertita: il linfonodo assume un colore uniforme, spesso scuro, talora chiaro in rapporto al tipo di tumore che lo ha invaso. Il tumulto della crescita è tale che in alcune zone i vasi neoformati non ce la fanno a tenere dietro alla crescita del tumore, che, in quei punti, va in necrosi (muore), con la creazione di buchi pieni di liquido che l’ecografia sa riconoscere.
La rapida crescita dei linfonodi, infiammati o neoplastici, si accompagna ad un aumento del flusso di sangue al o ai linfonodi coinvolti e questo potrà essere riconosciuto con il color doppler: i linfonodi infiammati tendono a conservare la normale anatomia dei vasi ( molti al centro , pochi alla periferia), che risulteranno comunque aumentati; nei linfonodi metastatici si avrà sempre un aumento del flusso e del numero dei vasi visibili al doppler, ma la loro distribuzione anatomica tende ad essere anarchica, con una alternanza di zone piene di colore ( tanto sangue) e di zone “spente”.
Va infine detto che, data la casualità con cui cellule neoplastiche colonizzano i linfonodi, capita che in genere le alterazioni descritte riguarderanno solo uno o pochi linfonodi di quella stazione, che coesisteranno con linfonodi perfettamente normali, fenomeno che non avviene in genere con i linfonodi reattivi o infiammati, che tendono ad essere tutti coinvolti.

Linfopatie sistemiche

Come tutti gli organi, anche i linfonodi sono soggetti a malattie primitive , che, cioè , nascono all’interno dell’organo; queste malattie possono essere infiammatorie (linfadeniti) o neoplastiche (linfomi).
Le linfadeniti primitive sono causate più frequentemente da virus ( es. la Mononucleosi, fase preliminare all’aids , esantemi infantili, virosi indeterminate), con coinvolgimento in genere di più regioni linfonodali e di numerosi linfondi in ogni regione: i linfonodi hanno le caratteristiche dei linfonodi infiammati o reattivi, ovvero variamente ingranditi con forma e struttura conservate.
Le linfadeniti possono avere anche cause batteriche ( piogeni, tubercolosi, melitense) con le caratteristiche già descritte spesso specifiche per queste forme.
I linfomi sono neoplasie che originano dalle cellule linfatiche e, a seconda delle caratteristiche che assumono le cellule neoplastiche, sono raggruppati nelle due grandi categorie di linfomi Hdgkin e non Hodgkin, ciascuna con numerose sottocategorie.
In genere il linfoma esordisce in una stazione linfonodale con coinvolgimento di numerosi linfonodi a questo livello, anche se non è infrequente l’esordio in più stazioni; rispetto alle patologie infiammatorie sono meno raramete simmetrici. La struttura dei linfonodi può essere alterata poco o molto, restando le forme a più difficile diagnosi differenziale con la sola ecografia.
In questa, come in tutte le altre malattie dei linfonodi, primitive o secondarie, la storia clinica del paziente è determinante nel sospettare e poi confermare la diagnosi. A questo fine è inoltre importante l’evoluzione nel tempo, che tenderà ad essere regressiva, fino alla normalizzazione nelle forme infiammatorie e reattive, ed evolutiva, con coinvolgimento di un numero sempre maggiore di linfonodi e di stazioni linfonodali , nelle forme neoplastiche.
In conclusione possiamo dire che nella stragrande maggioranza dei casi quel nodulo al collo, alle ascelle, alle regioni inguinali, talora in sedi atipiche del corpo, è innocuo e legato a quello straordinario meccanismo di difesa dagli aggressori esterni che il nostro sistema immunitario sa mettere in opera quando necessario; se l’aggressore nasce dentro il nostro corpo, quel nodulo, molto più raramente , per fortuna, è l’allarme di una situazione grave che sta coinvolgendo il nostro corpo. L’ecografia è uno dei principali strumenti, ma non il solo, a dirimere questo dubbio, non dimenticando mai che i linfonodi, per fortuna, esistono.

Articolo pubblicato su gentile concessione del Dott.Claudio Pedicelli