Anche in questa circostanza, della gara vera e propria di 180 km no-stop, non mi importava molto,ma avendo studiato la storia di questi popoli non vedevo l’ora di avventurarmi da solo nei loro villaggi e soprattutto scalare la falesia.
Dopo circa 15 chilometri dalla partenza ,mentre lo sguardo non riesce a staccarsi dalla parete verticale di roccia ,dove si trovano gli alveari delle tombe, all’entrata del villaggio di Amani si materializza a sorpresa una pozza abitata dai coccodrilli, animali sacri che la popolazione protegge con i sacrifici di animali...
I dogon sono essenzialmente agricoltori e infatti nella prima parte del percorso ,attraversiamo le loro terre,un proliferare di orti ,famosi in tutta l’area per la produzione di una ottima qualità di cipolle.
Vivono nei villaggi della falesia in comunità di circa 500 individui , guidati dalla classe degli anziani,che controllano le principali attività del gruppo e che restano i depositari di una complessa cultura millenaria tramandata oralmente da generazione in generazione.
Inconfondibili sono i villaggi aggrappati alla roccia ,con i caratteristici granai a tetto conico e le case a tetto piano.
Dopo aver percorso decine di chilometri ,anche per distrarmi dalla fatica ho cercato di fotografare e soprattutto di identificare in ogni villaggio i componenti fondamentali della comunità che avevo più volte studiato sui libri.
In alcune comunità era subito evidente la zona più importante, il Togunà, una sorta di gazebo costruito con dei pali di legno intarsiati con molta fantasia ,sui quali viene appoggiato uno spesso tetto di foglie di miglio.
Al fresco di questo tetto vengono prese le decisioni più importanti per la gestione del villaggio.
Questa struttra, togunà vuol dire casa della parola,ha una particolarità non casuale :il soffitto basso permette agli uomini anziani di discutere solo da seduti.
Ciò per prevenire che accese discussioni degenerino in risse rese difficili dall’impossibilità
di alzarsi.
Per….deformazione professionale… non potevo non sostare in contemplazione di fronte ad un togunà,che mi ha particolarmente affascinato perché già sapevo che le colonne che lo sostengono sono adornate con disegni e simboli che riportano spesso temi di fertilità e procreazione. Nella struttura che ho attentamente osservato ,situata lontano un centinaio di metri dal percorso della gara,c’era abbondanza di disegni che rappresentavano seni
femminili,che avrei voluto fotografare se non fossi stato oggetto di “attenta osservazione”
da parte degli abitanti del villaggio.

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