Il termine “bruciato” infatti si riferisce allo stato d’animo di un professionista che ha dato tutto e che di colpo si sente demotivato,svuotato e che reagisce sposando una mentalità “stacanovista” ,che lo spinge ad un superlavoro e ad un supercontrollo emotivo sempre vicino ai limiti di rottura.
Ci si può fermare in tempo prima dell’exitus energetico? Come si può correre ai ripari?
Cura te stesso: lo impone una massima evangelica.
Io sono stato fortunato nel ritrovarmi accanto questo meraviglioso strumento di benessere che è lo sport,modulato verso l’estremo ,quando il “killer dell’anima,sottile,invisibile,
si manifestava con sintomi di inaridimento emotivo .Parlo di inaridimento emotivo perché mai ho conosciuto l’esaurimento emotivo né tantomeno la percezione della propria inadeguatezza al lavoro attraverso la caduta dell’autostima.
Altra fortuna ,quando ormai i miei figli erano cresciuti , è stata la scoperta del deserto,
o meglio la scoperta del binomio sport-deserto.
Si comprende bene perché lo sport ; ma che c’entra il deserto ?
Non ho mai saputo rispondere a questa domanda.
Ho imparato ad accantonarla con la risposta più banale: perché si! C’entra e come!
Attraversare deserti, come salire su montagne non serve a niente e a nessuno.
Eppure molti sfidano persino la fortuna per coinvolgere sé stessi in imprese che talvolta vanno oltre i limiti della fisicità.
Forse solo perché rincorrere nel mondo reale obiettivi immaginari e costruiti con l’immaginazione riesce ad avvicinare e a far convivere le nostre fantasie con la nostra quotidianità.
Preferisco accantonare la domanda perché il deserto non va capito e interpretato,va subìto
e basta !

Chi ha conosciuto più di altri la magia del deserto,Paul Bowels,l’autore del tè nel deserto,
parla di “una sensazione unica che nulla ha a che fare con la malinconia,perché la malinconia presuppone la memoria,mentre in questo paesaggio sterile e irreale ,persino la memoria scompare e resta solo il battito del cuore ed il respiro a tenerti compagnia”.
Ecco, la memoria che scompare e quindi la possibilità di staccare dalla quotidianità e
di rigenerarsi energeticamente dall’invisibile “killer dell’anima”.
Il deserto,così come l’oceano, le distese glaciali , ed il ripetersi di spazi vuoti, induce inizialmente allo smarrimento perché ci si sente a contatto del vuoto,come sospesi ad un metro da terra.

Nel vuoto gli stimoli hanno una origine diversa….sono generati non dall’esterno,ma dall’interno,e pertanto le emozioni, prive di memoria,sono libere di fluttuare. Non vi so dire se queste emozioni abbiano efficacia terapeutica :il poterci credere,come nel mio caso, non produce né effetti collaterali ,né tantomeno danni. E allora perché no?

Pagina Precedente