Articolo di Lorenzo Cremonesi tratto da il Corriere della Sera - Dicembre 2003

DAL NOSTRO INVIATO
DOUROU (Deserto del Mali settentrionale)


- Sarà la paura del terrorismo, l'incancrenirsi del problema iracheno, e sarà che per arrivare alle tende nel punto di partenza c'è voluto un giorno intero d'aereo e oltre due ore di jeep su piste desolate nel pieno della notte.
Sta di fatto che questa volta la carovana degli innamorati per le sfide estreme è ridotta al lumicino.
Solo in 152 partono questa mattina alle sette per la corsa in piena autosufficienza (tranne l'acqua, ne viene data un litro e mezzo al posti-tappa ogni 12-15 chilometri) in uno dei deserti più affascinanti della Terra.
Le sabbie, i villaggi Dogon le falesie, gli acquitrini infestati dai coccodrilli, delle distese del Mali settentrionale, circa 800 chilometri da Bamako verso l'Algeria, dove i confini del Sahara sono solo una convenzione tracciata dall'uomo e la natura domina sovrana.
Una sfida totale 179 chilometri da percorrere nel limite massimo di 62 ore. Molti usano la tecnica non-stop.
Si parte e si arriva, senza dormire, solo brevissime soste per riempire d'acqua la borraccia e talvolta ingurgitare una barretta energetica.
“Questa volta però non me la sono sentita Amman è troppo vicina a Bagdad. Non c'erano i margini di sicurezza contro l'eventualità di attentati-”, dice Patrik Bauer, 46 anni, francese, l'inventore ed entusiasta organizzatore delle grandi Randonnèe nel deserto.
Ieri Patrik malediceva tutti: l'allarme terrorismo e la grande politica internazionale -Per una volta sono in rosso. I viaggi nel Terzo mondo restano un tabù anche per i più temerari in Occidente-, diceva.
Ma non aveva perso nulla del suo entusiasmo Perchè questo è il suo mondo.
Sin dal 1984, quando lasciò il suo lavoro in un'agenzia fotografica di Parigi e marciò in solitaria nel deserto algerino per 360 chilometri con acqua e cibo sulle spalle.
Da allora ha aperto un'agenzia di viaggi e il suo business sono le gare e le sfide a piedi nel deserto. Fiore all'occhiello è la "Marathon des Sables", divisa in tappe di 7 giorni tutte di corsa per le Wadi del Marocco.
“Questo del Mali è comunque un esperimento, fino ad ora riuscitissimo dal punto di vista organizzativo, anche se le infrastrutture del Paese sono molto indietro. Mi ricordano quelle del Marocco trent'anni fa”, aggiunge Patrik.
Ieri è stato il trionfo della curiosità degli africani. Un paio di migliaia di abitanti dei villaggi vicini (o almeno relativamente tali, visto che hanno percorso a piedi fino a 30 chilometri) si sono riversati nel nostro campo di tende cercando di vendere statue intarsiate nel legno, monili, stoffe e coltelli.
E poi delegazioni intere di studenti da villaggi che hanno il nome di Iawa Cocoru, Sa'aso, Nombori, Duru.
Un ragazzino tra loro si chiama Bucare, indossa una grande maglia che una volta era bianca con stampata sul petto l'immagine di Osama Bin Laden Ma, quando gli chiedi se conosce chi sia, lui risponde di no con gli occhi carichi di meraviglia. Ma non basta a cancellare la tensione della vigilia.
I direttori di gara ispezionano gli zaini dei concorrenti, tutti limitati nel peso tra i 6 e 8 chili.
Devono tra l'altro contenere un fischietto, cibo per almeno 2 mila calorie al giorno, un litro d'acqua di riserva, uno specchietto per poter segnalare la propria posizione col sole in caso di emergenza, un kit per aspirare il veleno dei serpenti, repellente anti-zanzare (attenti alla malaria), lampada tascabile con batterie di ricambio, lenzuolo termico e sacco a pelo.
È la gara per la leggerezza, ogni grammo conta. E Marco Olmo, un veterano di 55 anni e abitante in un piccolo villaggio alpino nella provincia di Cuneo, qui per tutti è un mito, ha un sacco che sembra una piuma Tanto gli serve poco.
L'anno passato ha percorso i 169 chilometri della gara in Giordania nel tempo strabiliante di 18 ore e 35 minuti.
Il secondo era un francese che aveva 30 anni meno di lui, ma ci mise esattamente un'ora in più.
Ieri Olmo era taciturno come sempre, stava in disparte dal gruppo dei 25 concorrenti italiani, tra cui 3 donne.
Girava per il campo con una grande tuta di carta bianca. Serve per conservare l'umidità del corpo- spiegava. E ha ragione. Oggi il caldo è il grande nemico.
A mezzogiorno supera di un bel po' i 35 gradi, ieri in piena notte il termometro restava superiore a 20. Troppo, e 179 chilometri sono tanti anche per chi si metterà , marciare e mira alle 50 ore.
La sfida mentale è già cominciata.

di Lorenzo Cremonesi